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Attento che cadi: di un incidente in montagna e del Pian Talurn da Frassinetto
Updated: Nov 10, 2021
Nonostante quest'anno a fine giugno fossimo già stati al monte del Prà, passando dal lato Val Soana, realizzando tra l'altro un giro ad anello di un certo livello, un pò d'amaro in bocca mi era rimasto, poichè avevamo trovato ancora parecchia neve in alto e, soprattutto, una giornata nuvolosa!
L'opinione di chi scrive infatti è che il pian Talurn sia enormemente più suggestivo se sgombro di neve e, naturalmente, in una giornata di cielo sereno o poco nuvoloso.
In questo numero ci occuperemo anche dello spinoso tema degli infortuni in montagna: leggendo l'articolo capirete il perchè !

Non c'è il 2 senza il tre!
"Posto ad una quota di 2722 m , il monte del Prà o Pian Talurn è a giudizio di chi scrive uno dei luoghi più significativi delle Alpi occidentali. Sulla sue pianeggianti e verdi sommità si incontrano ben tre vallate: la Valchiusella a est , la valle Soana a ovest ed il vallone della Verdassa a sud-est. Si può dunque raggiungere sia da Fondo per la Bura at Talurn, che da Ronco Canavese per i valloni di Servino o di Canaussa o da Frassinetto per il vallone di Verdassa." ( tratto dal racconto "Balla coi Cervi" ).
Nella stagione autunnale poi la grande spianata del monte del Prà è resa ancor più affascinante dal mutare dei colori e dato che in autunno ci siamo e la salita dal vallone della Verdassa mi manca, la meta è decisa!
Ci sono tre modi per salire ...
Parafrasando Sammy Rothstein, al secolo Robert De Niro, ci sono tre modi per salire : il modo giusto, il modo sbagliato ed il modo di Marco. Ed oggi a Davide, Elisabetta e Laura toccherà salire per l'appunto secondo il modo di Marco; mentre Elisabetta e Laura già sanno a cosa vanno incontro, per Davide si tratta della "prima volta". E, si sa, la prima volta non si scorda mai, anche perchè Marco, come di consueto, ha studiato la notte un giro "corto" per il mattino...

L'idea è quella di salire alla punta del Bech e di lì percorrere tutta la cresta sino in cima, per poi scendere dal lago Verdassa , realizzando così un simpatico giro ad anello.
- "Ma quanto c'è di dislivello ?"
- " Boh, adesso non ho la cartina a portata di mano!"-
- " Ma questa gita c'è su Gulliver ? "
- " Mmm, non credo proprio!"
Elogio della follia ( e delle montagne )
Le nostre montagne non hanno forse qualcosa in comune con quelle immaginate da H.P. Lovecraft ne "Le Montagne della Follia"? Percorrendole non troviamo forse ogni volta i resti di antiche civiltà scomparse ? E se un giorno, nel nostro peregrinare, scoprissimo in una caverna i corpi congelati di strane creature ancor più antiche e dotate di temibili poteri soprannaturali, tali da condurci alla follia?
Nel caso, poco male: noi un pò folli già lo siamo ! Del resto, come sosteneva Erasmo da Rotterdam , non è forse la follia a diffondere la vita ? Cosa c'è di più folle dell'innamorarsi o dell'amare delle creature ancor prima di conoscerle, come accade tra genitori e figli?
"La regola essenziale della felicità è voler essere come si è "e dunque per "essere felici occorre essere pazzi" , avere l'audacia di vivere senza troppo curarsi di ciò che prescriverebbero saggezza e ragionevolezza, poichè non esiste una formula scientifica per la felicità!
Cosa può accadere dunque quando persone folli si ritrovano assieme ad esplorare le montagne della follia ?
La follia dei singoli messi a contatto si neutralizza, si somma, si moltiplica o cresce esponenzialmente ?
" Attento che cadi", cantavano Jo Squillo e Sabrina Salerno. Effettivamente, essendo la prima volta che si ritrovavano assieme in un'escursione (con me ) Laura ed Elisabetta, avevo il presentimento che qualcosa di non convenzionale potesse accadere! Ma andiamo con ordine...
Avvicinamento in auto
Raggiunta Frassinetto in auto, si svolta a sinistra in direzione di Berchiotto ; superata la frazione, la strada carrozzabile si addentra nel vallone della Verdassa e la si segue fin nei pressi dell'alpe Losa di Ferro, dove scende ad attraversare il torrente su un guado. Due cervi , un maschio ed una femmina, ci attraversano la strada, quasi a volerci preannunciare la "selvaticità" del luogo.

Attenzione che le linee "pacioccate" sull'immagine in arancione e rosa non rappresentano il percorso da noi affrontato! Parte della traccia la trovate nell'immagine qui sotto:

Dall'alpe Losa di Ferro a Querio ( into the wild )
Lasciata l'auto poco oltre l'alpe Losa, attraversiamo il rio Verdassa sul guado e, giunti sull'altra sponda, ci portiamo alla borgata Querio lungo l'antica mulattiera.

Dalla borgata bisognerebbe ora scendere leggermente ad attraversare il rio Querio: il condizionale è tuttavia d'obbligo, poichè a proposito del "modo di Marco", ecco che il leggendario "morbo del ravanatore" ( ecco la follia! ) colpisce il nostro ancor prima che i raggi del sole lo "bacino"; e dato che i compagni d'avventura devono in questo caso giocoforza fare totalmente affidamento su di lui, essendo nuovi della zona , la variazione di percorso viene decisa senza alcun "preavviso" vocale. E' tutto nella testa di Marco: - "mi piacerebbe provare una volta a salire direttamente dall'alpe Carpior!"
Da Querio all'alpe Carpior
"Percorso stupendo": fino ai ruderi dell'alpe Caprera il percorso è ben evidente, anche se ci tocca farlo "un poco strisciando"..


Da questo punto in poi perdiamo la traccia e cominciamo una simpatica quanto involontaria "esplorazione" tra vaghe tracce su versanti ripidi ed accidentati, fino a raggiungere una panoramica cengia occupata da un bel boschetto di faggi, dove è naturale concederci una meritata pausa!

I colori dei faggi sono bellissimi in questo inizio di "foliage"; molto bella anche alle nostre spalle la relativamente comoda dorsale che sale da e per l'alpe del Bech ( che avremmo dovuto percorrere in salita nelle previsioni iniziali ) .

Molto accattivante anche l'ambiente circostante, ripido e dirupato; qualcuno anzi "sull'orlo del precipizio" ci invita a giocare.
Ma il raggiungimento di questa "oasi tra i dirupi", non significa certo la fine delle nostre peripezie: dopo aver effettuato un breve traverso in direzione nord, ecco che riprendiamo a salire per vaghe tracce di animali lungo ripidi pendii, aiutandoci talvolta con le mani, fino a raggiungere una parete appoggiata che pare essere l'ultimo ostacolo a frapporsi tra noi e l'alpe Carpior.



- "Ma non è che poi ci tocca fare dietrofront? Disarrampicare sta roba ? " - mi chiedo e chiedo ai miei "soci".
- " Secondo me no. E poi siamo in grado di tornare indietro..." - risponde Laura
- " Dai basta, andiamo!" - sprona Elisabetta
E così, un pò goffamente ed aiutandoci a tirarci su con quel poco di "busciass" ( termine dialettale per indicare la presenza di arbusti") a disposizione, ecco che superiamo l'ostacolo per ritrovarci - è quasi magia - proprio nei pressi dell'agognato alpeggio, che abbiamo dovuto sudare quanto una cima!

E dire che arrivati all'alpe Caprera sarebbe bastato guardare un pò meglio la cartina e spostarsi in direzione est per raggiungere la dorsale percorsa dal sentiero. Scrivo queste fondamentali righe a beneficio di futuri emuli, pur consapevole del rischio di venire assassinato dai miei compagni d'avventura, resi furenti dalla... verità!
Dall'alpe Carpior a Cima Carpior

Sbucati ormai nei vasti pascoli dell'alpe Carpior, non resta che seguire la dorsale erbosa che passando per l'alpe Balmela 2060 m conduce ai 2301 m della cima. Qui arriva anche il sentiero n° 10 della rete sentieristica recentemente segnalata e sistemata dal comune di Frassinetto, davvero un ottimo lavoro!

Da qui le successive elevazioni della Costa Carpior preannunciano un percorso a saliscendi fino all'arrivo : tutto allenamento, per di più con un meteo e panorami stupendi!

Cresta, bella cresta... ( da cima Carpior al Pian Talurn)

Su questo tratto di percorso c'è ben poco da dire, salvo che si tratta di una cresta facile, divertente e panoramica, che abbiamo percorso praticamente sul filo fino in cima.

Splendidi i colpi d'occhio sul vallone di Canaussa con i suoi laghi, e sull'ambiente circostante in generale.

Continuiamo quindi con le immagini riprese dalla cresta...




La caduta di Varda
Giunti nei pressi dell'ultimo pendio adducente alla tondeggiante cima del pian Talurn ( ormai mancano pochi metri!), ecco che accade l'imponderabile: di colpo mi inciampo e cado come un sacco di patate, prendendo una forte botta al ginocchio sinistro.
Quante volte sono caduto e scivolato in montagna ? Tantissime, fa parte del gioco! Ma sempre in situazioni non pericolose e soprattutto con una certa padronanza dell'imprevisto, un certo controllo dei movimenti. In questo caso purtroppo il controllo è quasi del tutto assente: l'unico riflesso che riesco ad avere è quello - in extremis - di mettere avanti la mano destra per non battere il muso sulle pietre!
Quante volte chiacchierando o navigando sui social sentiamo e leggiamo commenti legati agli incidenti più o meno gravi che si verificano in montagna e che richiedono l'intervento dei soccorsi? "Ha sbagliato là" ... "E' stato imprudente qua"... Insomma tutti scienziati, che a volte avranno pure ragione, a volte no, ma la realtà è che a volte succedono delle "disgrazie", come nel mio caso. E' brutto dirlo, ma può accadere a chiunque di scivolare improvvisamente o cadere : sono cose che a volte semplicemente succedono.
Diventa quindi fondamentale adottare comportamenti corretti di fronte a questi imprevisti ed essere attrezzati.

Cosa fare in caso di infortunio - un nuovo protocollo sanitario
Eccomi così dolorante a terra, tra lo sgomento dei compagni, che molto correttamente non cercano di muovermi ( se ci fosse qualcosa di rotto o di incrinato, rischierebbero di peggiorare la situazione) senza prima essersi sincerati della mia condizione.
Per fortuna nello zaino ho del materiale di primo soccorso, tra cui non manca del ghiaccio istantaneo , fondamentale per lenire il dolore ed evitare eccessivi gonfiori od ematomi troppo estesi.
- "Marco come va ?"
- " Non mi sembra di avere niente di rotto, ma per il momento non sono in grado di rialzarmi"
Se i miei compagni sono spaventati, un pò lo sono anch'io, perchè mi rendo conto che questa non è la solita botta al ginocchio e mi sono "infortunato" - per colmo di sventura -proprio nel punto più lontano.
Comincio così a slacciarmi lo zaino ed a chiedere ai miei compagni di tirarmi fuori il ghiaccio:
- "Il ghiaccio, il ghiaccio, il ghiaccio!"
- "Ma dove ce l'hai? Nello zaino ?"
- "Si !"
Un nuovo protocollo sanitario
Il mio zaino è uno di quelli con l'apertura laterale , ma Elisabetta e Laura, che subito si "avventano" per soccorrermi, non lo sanno ( e del resto sono un pò spaventate anche loro) : ecco che me lo girano sulla schiena, premendomelo in faccia e dando in questo modo vita ad un nuovo ed originale protocollo sanitario: il soffocamento preventivo dell'infortunato.
- "Ma cosa fate!!!"
- "Dove hai messo il ghiaccio ??? "
- "E' in fondo allo zaino!"
- " E allora !"
- "Il mio zaino ha l'apertura laterale!"
Niente da fare: l'apertura laterale non verrà utilizzata , ma alla fine conta il risultato: il ghiaccio istantaneo viene estratto dal kit di pronto soccorso ed applicato sulla parte contusa, sotto lo sguardo divertito di Davide. Devo anche ammettere che il soffocamento tramite zaino ha contribuito non poco a calmarmi.
Il ghiaccio mi dà un sollievo immediato, tanto che dopo una decina di minuti comincio già a pensare di rialzarmi. Su invito dei miei compagni però, rimango prudentemente disteso a terra ancora per un pò.
L'atmosfera ora si è fatta più rilassata, anche se il mio pensiero è fisso sulla lunga discesa che ci aspetta: ce la farò ad affrontarla o comunque ad arrivare prima di notte con il ginocchio in queste condizioni ?
Con me ho comunque la pila frontale ( ormai ho imparato dall'esperienza) ...

Contenuto ideale di un kit di primo soccorso in montagna:
Ghiaccio istantaneo
Acqua ossigenata ( per detergere le ferite e rimuovere i corpi estranei)
Soluzione fisiologica ( per lavare le ferite)
Disinfettante iodato ( per la disinfezione vera e propria)
Cotone, garze, bende, cerotti vari ed altro materiale sterile
Nel mio kit non mancano mai anche delle bustine di integratori di sali minerali ( molto utili in caso di sintomi da affaticamento e come "placebo" in generale) e dei lacci di ricambio per gli scarponi, che non si sa mai.
In vetta

Rialzatomi infine in piedi, ecco che mi strascino fin sul panettone di vetta, che troviamo ovviamente spolverato dalla neve caduta nei giorni precedenti e con un piccolo branco di camosci , subito fuggiti, a farci da benvenuto. Anch'io decido di isolarmi un poco, per una pausa di riflessione: l'umore non è esattamente dei migliori, a causa delle preoccupazioni per l'immediato futuro...


Naturalmente ora che siamo a metà giornata ( e nonostante sia già l'11 ottobre ) , un pò di nuvole basse salgono ad avvolgerci ( la val Verdassa, così vicina alla pianura, non si smentisce mai), garantendoci comunque una discreta visibilità!
Prima di scendere, eccovi due o tre foto scattate dalla vetta...


Verso il lago Verdassa ed oltre ( la discesa fastidiosa)

Salendo, come di consueto, avevo già lanciato un occhio per capire dove scendere; attività superflua dato che arrivati in cima ci rendiamo conto che la solerte amministrazione comunale di Frassinetto ha già provveduto a segnalare anche il percorso verso il lago Verdassa, contrassegnato sempre con il numero 10.

Arrivati circa all'estremità orientale del pian Talurn, presso quello che sulla carta MU è denominato "colle di Pian Tallorno orientale", si imbocca in discesa il canale che porta in uno stretto valloncello compreso tra il monte del Prà e la vicina punta della Mionda, oggi ben spolverato da qualche centimetro di neve! Da queste parti dovrebbe esserci anche il laghetto "Verdassa superiore", ma può darsi che oggi non sia visibile poichè siamo a fine stagione e potrebbe essere asciutto!

L'unico mio cruccio è che per colpa della caduta sono costretto a scendere molto più lentamente del solito, nonchè a fare attenzione ad ogni passo, poichè al momento non posso assolutamente fare forza sul ginocchio sinistro, pena un dolore intenso e mi tocca a volte usare i bastoncini quasi a mò di stampelle...

Usciti dall'ombroso valloncello di cui sopra, ritorniamo ad affacciarci in direzione sud verso Frassinetto ( e sul sottostante lago Verdassa) : constatata la perdita del potere refrigerante del ghiaccio istantaneo applicato sul ginocchio, decidiamo di sostituirlo ( più che dignitosamente ) con un sacchetto dell'Ikea riempito di neve, prima che di neve non se ne trovi più!

Finita la medicazione , in breve raggiungiamo le amate sponde del lago , ove è d'obbligo un'altra meritata pausa!!!
Dal lago seguendo ora il sentiero n° 9 torniamo all'alpe Losa di Ferro passando per le alpi Vardasson facciamo ritorno all'auto quando ormai è giunto il tramonto...
Conclusioni
Fortunatamente il mio "incidente" non ha dato luogo a conseguenze particolari, ma ricordate : non andate mai in montagna da soli ( se possibile ) e portate sempre con voi materiale di primo soccorso !E questo è tutto gente!!!
Arrivederci ed a presto con le Storie!